RICARICA ARTIFICIALE DEGLI ACQUIFERI SOTTERRANEI: POSSIBILITÀ E LIMITI

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Renato Drusiani
Tania Tellini
Dario Giardi
Alberto Lasagna
Barbara Lacomba
Carlo Collivignarelli
Claudio Benucci

Abstract

In questa nota viene trattato un argomento che, per più di una ragione, è di grande attualità in campo ambientale.


L’affermarsi del concetto di economia circolare impone ormai di puntare “concretamente” al pieno riutilizzo delle risorse naturali, tra le quali l’acqua rappresenta un elemento assolutamente primario. A spingere decisamente verso questo obiettivo è il forte sviluppo delle tecniche di depurazione delle acque usate (per le quali è garantito un livello di qualità sempre più elevato) ed il contemporaneo deciso restringimento degli standards di legge richiesti per lo sversamento degli effluenti dei depuratori nei corpi idrici ricettori (ciò che rende sempre più realisticamente conveniente il loro “recupero”).


Utilizzatore primario di risorsa idrica è notoriamente il comparto agricolo e la rete irrigua da tempo è il recapito finale di molti scarichi depurati che vengono così, di fatto, riutilizzati per l’irrigazione dei terreni.


La siccità riscontrata in questi ultimi anni ha poi reso evidente come sia più che mai provvidenziale il contributo delle acque usate in campo agricolo ed ha, anzi, evidenziato un “limite” insito nell’attuale riutilizzo. Tale limite consiste nel fatto che gli scarichi vengono sì comunemente utilizzati in agricoltura, ma solo nella stagione irrigua, la cui durata non è mai superiore ai 46 mesi. Diventa allora naturale pensare ad un riutilizzo “completo” (12 mesi all’anno) di una risorsa diventata sempre più preziosa attraverso una forma di stoccaggio/immagazzinamento del contributo dei depuratori nella stagione “non irrigua”. Tra le forme di “messa in riserva” della risorsa idrica ci sono naturalmente i grandi bacini artificiali, che in molte regioni (soprattutto del sud Italia) risultano indispensabili per la fornitura d’acqua, e non solo nel comparto agricolo. In alternativa ai bacini artificiali, la ricarica della falda sotterranea (MAR: managed aquifer recharge) costituisce una soluzione molto interessante. In uno dei due allegati a questa nota, viene presentato il caso della Lomellina (provincia di Pavia), ove l’escursione della falda superficiale (ben distinta da quella più profonda, cui attingono di regola gli usi potabili) equivale ad un bacino artificiale di parecchie centinaia di milioni di metri cubi.


In questi casi, la ricarica della falda (che, come viene ricordato, si richiama anche alla pratica, invalsa da tempi remoti presso gli agricoltori, di “sommersione invernale” dei terreni) diventa un’opportunità veramente importante per il miglior utilizzo della risorsa idrica.


Naturalmente, così come è richiesto dalle tante normative in vigore e in elaborazione (di cui viene qui data una rassegna) deve essere posta la massima attenzione alla qualità della risorsa utilizzata, in quanto la falda va tutelata nel modo più rigoroso.


In questo senso, il grande progresso conseguito nella gestione dei depuratori incoraggia questa pratica, già peraltro ampiamente utilizzata all’estero.

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Sezione
Comunicazioni tecnico-scientifiche