IL RUOLO DELL'INGEGNERE SANITARIO-AMBIENTALE NEL RISANAMENTO DI SITI CONTAMINATI

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Carlo Collivignarelli

Abstract

Tra le tante iniziative congressuali dedicate alla bonifica dei siti contaminati, il SICON (organizzato dai gruppi di Ingegneria Sanitaria delle Università di Brescia, Catania e Roma La Sapienza) si è caratterizzato come rassegna di realizzazioni alla scala reale (“casi di studio”) con l’intento precipuo di valorizzare la scelta della “tecnologia di bonifica appropriata”.

Accanto al tema “tecnologico”, le varie edizioni del workshop (soprattutto le ultime) hanno rivolto una particolare attenzione ai diversi aspetti “non tecnologici” legati a questo settore. In particolare, nell’edizione del 2014 (svoltasi a Brescia) si è voluto dare risalto all’aspetto economico (“Le bonifiche come volano per la ripresa economica”) attraverso una apposita “Tavola rotonda” che, al di là del titolo molto “incoraggiante”, è in realtà servita a evidenziare i vari ostacoli che in Italia si frappongono ad un adeguato sviluppo degli interventi di bonifica (anche di quelli più palesemente utili e urgenti). Inutile dire che gli ostacoli, nell’analisi emersa da quel seminario, non sono (quasi) mai di natura tecnica ma attengono agli aspetti giuridico-normativo, amministrativo, urbanistico, economico/finanziario. Proprio per approfondire questi aspetti (nell’intento di arrivare a “proposte per favorire gli interventi di bonifica”) è nato allora un tavolo di lavoro (GdL) composto da competenze giuridiche, economiche, finanziarie, urbanistiche, amministrative (oltreché tecniche) con la presenza di rappresentanti istituzionali di Regione Lombardia, Comune e Provincia di Brescia, Ordine degli Ingegneri.

Il lavoro interdisciplinare è proseguito per diversi mesi e, passando anche attraverso il vaglio di una giornata di studio svoltasi ad inizio 2015 (che ha consentito di far tesoro di numerosi contributi dei partecipanti), ha prodotto alla fine un documento (pubblicato da qualche mese) che si è sforzato di rendere in forma sintetica ed organica, per ciascun aspetto esaminato, la descrizione delle principali problematiche aperte e la relativa proposta di soluzione.

In estrema sintesi il documento, che si intitola “Proposte per favorire la bonifica di siti contaminati in Italia”, contiene:

  • proposte in campo giuridico, come per esempio:

-         l’inserimento all’interno della Parte Quarta del D. lgs. 152/2006 della normativa in materia di matrici materiali di riporto (art. 3, DL 2/2012), individuando in modo chiaro competenze e procedure da seguire;

-         la modifica delle deleghe ai Comuni, laddove rilasciate, in rapporto alle loro dimensioni, prevedendo misure ed organismi di supporto per i Comuni più piccoli. 

  • proposte in campo urbanistico, come per esempio:

-         l’adozione di un nuovo meccanismo di calcolo del contributo di costruzione, il quale tenga in considerazione anche i vantaggi apportati alla collettività dalle operazioni di rigenerazione urbana;

-         l’introduzione della dichiarazione di pubblica utilità per gli interventi di bonifica/recupero delle aree dismesse e la conseguente possibilità di mettere a gara gli interventi.

 

  • proposte in campo economico-finanziario-assicurativo, come per esempio:

-         l’istituzione, da parte dell’Ente Territoriale che ha la volontà di intervenire nel recupero dell’area contaminata, di una “imposta di scopo”;

-         la richiesta, in aggiunta alla fideiussione, anche di una polizza di responsabilità ambientale od inquinamento dedicata sia per il settore rifiuti, dove già oggi vige l’obbligo della garanzia finanziaria, così come per le attività in AIA e per i settori industriali autorizzati in AUA.

 

Questo tavolo di lavoro è tuttora operativo e presenterà un ulteriore avanzamento della propria attività in occasione della 7a edizione del SICON, in calendario a Brescia dall’11 al 13 febbraio 2016.

L’esperienza che si sta svolgendo, motivata come detto dalla indispensabilità di un approccio multidisciplinare alla problematica specifica, fa emergere un aspetto - non nuovo in verità - di tipo metodologico: la soluzione dei problemi ambientali rilevanti trova sovente proposte utili e concrete da parte di “tavoli” con competenze diverse, correttamente assortite e convenientemente “coordinate”.

Nell’esperienza maturata da chi scrive, proprio questo ruolo di coordinamento risulta importante, soprattutto perché deve “motivare” l’interesse delle diverse componenti del tavolo, sapendo stimolare ed ascoltare le riflessioni dei diversi “esperti”, per poi proporre una sintesi completa ed equilibrata dei contenuti emersi. In questo ruolo è difficilmente contestabile che la figura più idonea è proprio quella dell’ingegnere sanitario-ambientale. Le ragioni sono molte ma possono – forse – essere riassunte in queste argomentazioni:

-         nel caso della bonifica di un sito contaminato, l’ingegnere è coinvolto dalla prima fase (“caratterizzazione” del sito) all’ultima (“collaudo” dell’avvenuta bonifica) ad ha quindi, rispetto ad altre competenze tecniche pur preziose (geologi, chimici, biologi, etc…) una visione più completa del problema;

per sua formazione (legata ai contenuti degli attuali corsi di laurea di ingegneria ambientale ma anche alla tradizionale figura professionale) l’ingegnere è decisamente orientato a dialogare con competenze come quella “giuridica” (si pensi al ruolo decisivo della normativa ambientale nelle scelte di tipo tecnico) e quella “economica” (la soluzione proposta dall’ingegnere non può mai prescindere da una valutazione dei suoi costi di costruzione e di esercizio, che la possono rendere accettabile o meno).

In conclusione questa, come altre esperienze, inducono ad auspicare che la figura dell’ingegnere sanitario-ambientale possa, con frequenza maggiore di quanto oggi non avvenga, occupare un ruolo di coordinamento nell’ambito di quegli organismi (istituzionali e non) che orientano le scelte strategiche nelle diverse problematiche ambientali.

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