IL CONTENIMENTO DEL CONSUMO DI SUOLO MEDIANTE IL RISANAMENTO E IL RECUPERO DI SITI CONTAMINATI E AREE DEGRADATE: CRITICITA’ E OPPORTUNITA’

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Carlo Collivignarelli
Maurizio Tira
Mentore Vaccari

Abstract

Le città italiane sono entrate da tempo in una fase del tutto nuova rispetto al passato. Questa fase si apre dopo alcuni decenni in cui le città hanno accompagnato un ciclo economico sostanzialmente espansivo, tradotto in una progressiva estensione dei territori urbanizzati.


Le urgenze poste dal cambiamento climatico e le esigenze legate alla rigenerazione urbana mettono in crisi lo sviluppo quantitativo, spingendo per una nuova progettazione urbana, in cui qualità, welfare e sostenibilità non siano solo dei titoli retorici, e in cui le risorse che il corpo sociale può mettere in campo vengano indirizzate a vantaggio di tutti.


Il tema della rigenerazione riguarda la città nel suo insieme, dal centro storico alla città diffusa, ed è necessario prefigurare modelli di sviluppo fino ad ora sostanzialmente inesplorati, ma di cui possono intravvedersi i contorni, ben sapendo che la rigenerazione urbana richiede un insieme d’interventi sincroni allo sviluppo economico, a partire dalle caratteristiche del contesto territoriale di riferimento nell’ottica della costruzione di una strategia di sviluppo economico locale.


 


I dati annuali sul monitoraggio del territorio mostrano che in Italia il consumo di suolo, invece di rallentare, tende ad accelerare, avendo raggiunto nel 2022 il picco degli ultimi 10 anni con circa 76,8 km2 di nuove coperture artificiali (pari a circa 21 ettari al giorno; SNPA, 2023a). Le aree più critiche sono concentrate nelle zone periurbane e urbane, unitamente alle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale. La crescita delle superfici artificiali è stata solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, che ha riguardato 6 km2, facendo risultare ancora lontano l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, che, nel 2022, è quindi risultato pari a 70,8 km2, di cui 14,8 km2 di consumo permanente. Gli impatti del consumo di suolo, come è noto, incidono fortemente sulla riduzione della capacità di adattamento al riscaldamento globale e sulla perdita di servizi ecosistemici, con un danno economico potenziale stimato in 7,8-9,5 miliardi di euro ogni anno.


In questo quadro, emerge con urgenza la tematica del recupero delle aree degradate, soprattutto quando esse necessitino di interventi di bonifica. Purtroppo, non esiste un censimento aggiornato ed esteso a tutto il territorio nazionale delle aree abbandonate; indagini ISTAT riferite al 2012 indicavano che le aree industriali dismesse in Italia rappresentano circa il 3% del territorio nazionale, con una superficie complessiva di circa 9.000 km2, il 30% dei quali collocati in ambito urbano. E’ disponibile, invece, un quadro aggiornato sui siti contaminati: quelli di competenza locale in cui è previsto o è in corso un intervento di bonifica sono 3065, cui si sommano 3263 siti potenzialmente contaminati e 42 Siti di Interesse Nazionale (SNPA, 2023b). L’estensione totale di tali siti ammonta a circa 200.000 ettari di terreni e 77.000 ettari di aree marine.


La diffusione e rilevanza dimensionale delle aree degradate e contaminate e la loro collocazione in aree urbane o periurbane le rende un terreno privilegiato su cui realizzare le principali trasformazioni urbane, soprattutto per contenere il consumo e l’impermeabilizzazione di suolo vergine. La loro riqualificazione e rigenerazione territoriale rappresenta un’opportunità per migliorare la qualità di vita nelle città, aumentando la competitività dell’area e riducendo l’espansione urbana, nonché migliorando la qualità dell’ambiente e i servizi ecosistemici, con benefici consistenti per la collettività (Vaccari e Villani, 2021).

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Editoriale